Orbitopatia Tiroidea |
L'orbitopatia tiroidea rappresenta una manifestazione infiammatoria associata a patologia tiroidea di origine disimmune. Si manifesta in circa il 50% dei pazienti affetti da M. di Graves (ipertiroidismo), sebbene possa riscontrarsi anche in condizione di eutiroidismo (normale funzionalità tiroidea) o ipotiroidismo. Può essere manifestazione d'esordio del distiroidismo, come pure precedere o seguire la comparsa dei sintomi e/o segni sistemici. La malattia colpisce più frequentemente pazienti di sesso femminile, con età media intorno ai 45 anni. La maggior parte dei pazienti mostra una orbitopatia lieve-moderata, tuttavia è possibile lo sviluppo di forme severe che comportano anche deficit visivi permanenti. Non è nota l'esatta patogenesi di tale malattia, che si caratterizza nella fase attiva per la presenza di un infiltrato infiammatorio a carico dei muscoli oculari estrinseci e dei tessuti molli endo e peri-orbitari; può seguire una fase cronica, nella quale si osserva riduzione delle cellule infiammatorie e dell'edema, con fibrosi e retrazione della muscolatura oculare estrinseca. I segni obiettivi, spesso patognomonici, comprendono retrazione palpebrale ed esoftalmo; tali segni sono solitamente bilaterali, pur potendo mostrare delle caratteristiche di asimmetria, e si rendono responsabili di arrossamento oculare, sensazione di corpo estraneo, secchezza oculare o eccessiva lacrimazione, fotofobia. Quando l'esoftalmo e la retrazione palpebrale sono molto marcati possono rendersi responsabili di sofferenza corneale, che può andare da una semplice disepitelizzazione superficiale fino ad un'ulcera da esposizione. Altri segni caratteristici sono, a carico del segmento anteriore, iperemia congiuntivale, chemosi congiuntivale e della caruncola, e l'edema dei tessuti molli periorbitari. Può verificarsi una compromissione della motilità oculare, legata all'infiltrazione infiammatoria e successivamente alla fibrosi della muscolatura oculare estrinseca, che può rendersi clinicamente manifesta con il sintomo della diplopia binoculare orizzontale o verticale/obliqua. Nelle fasi più avanzate della malattia può instaurarsi una neuropatia ottica, di tipo compressivo, secondaria alla compressione sul nervo ottico esercitata dai muscoli oculari ingrossati a livello dell'apice orbitario; il paziente accusa progressivo deficit dell'acuità visiva, difetti del campo visivo e compromissione della visione dei colori. La diagnosi di orbitopatia tiroidea è essenzialmente clinica; di fondamentale importanza sono gli esami ematochimici che valutino la funzionalità tiroidea e la presenza di autoanticorpi verso la tiroide (anticorpi anti-tireoglobulina, anticorpi anti-perossidasi e anticorpi anti-recettor TSH). Uno studio neuroradiologico della regione orbitaria permette di valutare il coinvolgimento muscolare (tipico ingrossamento del ventre muscolare con risparmio del tendine di inserzione) anche in assenza di sintomatologia riferita. Patologia solitamente autolimitantesi, che può mostrare un andamento cronico o riacutizzazioni, vede nel raggiungimento dell'eutiroidismo un traguardo auspicabile, ma non sufficiente al controllo dei sintomi e dei segni orbitari. In ogni caso la cura di un paziente affetto da orbitopatia tiroidea richiede sempre una stretta collaborazione tra l'oftalmologo e l'endocrinologo. Esistono terapie specifiche che prevedono interventi mirati verso i vari aspetti della patologia; i sintomi irritativi possono essere risolti, o almeno attenuati, dall'utilizzo quotidiano di sostituti lacrimali. Nelle fasi attive della malattia, con recente esordio e/o importanti segni di flogosi a carico del segmento anteriore, è possibile eseguire una terapia steroidea ad alto dosaggio con somministrazione per via endovenosa; in alternativa è possibile eseguire una radioterapia mirata sulla regione orbitaria. Si può eseguire un intervento di decompressione orbitaria per marcata proptosi, indicata soprattutto in casi di neuropatia ottica che non rispondono alla terapia steroidea ad alte dosi. E' possibile un approccio chirurgico riabilitativo, che deve essere riservato ai casi cronici con stabilizzazione del quadro clinico da almeno sei mesi. Si può agire per correggere lo strabismo restrittivo con recessione dei muscoli fibrotici; la chirurgia palpebrale, mediante recessione del muscolo elevatore palpebrale, può essere indicata per il trattamento di marcate retrazioni palpebrali ai fini estetici e di protezione della superficie oculare. La blefaroplastica può essere utilizzata, con il solo obiettivo estetico, per rimuovere l'eccesso di tessuto cutaneo e adiposo periorbitario. |